Nel cuore dell’Italia meridionale, l’area vulcanica dei Campi Flegrei è diventata un’incognita crescente e preoccupante per le comunità locali. In un’epoca in cui le preoccupazioni globali spesso monopolizzano l’attenzione mediatica, i residenti nelle vicinanze di questo potenziale supervulcano stanno affrontando una minaccia più vicina e potenzialmente devastante.
Il termine “Big One” è spesso associato a terremoti catastrofici, ma nei Campi Flegrei, esso si riferisce a una minaccia altrettanto mortale: un’eruzione vulcanica. Questo scenario potrebbe comportare il lancio di blocchi di lava vicino al centro eruttivo e la diffusione di ceneri e lapilli su un’ampia area, potenzialmente coinvolgendo perfino la città di Napoli, situata a monte rispetto a questa regione vulcanica. Il professor Gian Paolo Cimellaro, un esperto di ingegneria strutturale presso il Politecnico di Torino, sottolinea che ora la stabilità delle strutture è al centro delle preoccupazioni.
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Cosa potrebbe succedere in caso di eruzione ai Campi Flegrei
Secondo i dati pubblicati dall’Osservatorio Vesuviano, il terreno nella regione dei Campi Flegrei si è innalzato di oltre 1,2 metri, mentre il numero di scosse telluriche è in continuo aumento. Questi eventi mettono sotto stress le strutture murarie, le fondamenta e le reti fognarie e idriche, rendendo necessario un monitoraggio costante. Forse, ora dopo ora.
Cosa potrebbe succedere agli edifici
La crescita dell’attività vulcanica, in particolare l’aumento delle scosse sismiche registrate, sta mettendo sempre più alla prova la tranquillità delle persone comuni. Con oltre 300-400 scosse al giorno, diventa difficile persino dormire. Ma ciò che preoccupa maggiormente sono gli effetti su scuole e strutture ricettive, che potrebbero creare problemi aggiuntivi.
Gli effetti del bradisismo si estendono
In modo allarmante, gli effetti del bradisismo stanno interessando non solo Pozzuoli ma anche zone circostanti come Agnano. Qui, si stanno manifestando fumarole dove prima non esistevano e le attività sismiche si stanno estendendo sempre di più anche nella zona più a sud di Napoli. La lotta contro un terremoto o un supervulcano è al di fuori delle possibilità umane, ma l’organizzazione della comunicazione, la diffusione di informazioni e la preparazione sono obbligatori.
Non possiamo affidarci solo ai social media, ma dobbiamo impegnarci sempre di più ad addestrare la popolazione a prendere decisioni adeguate in situazioni di pericolo crescente. Non è colpa di nessuno che il bradisismo esista, ma in una zona come quella del cratere, con una densità abitativa così elevata e una speculazione edilizia altrettanto intensa, i danni potenziali rischiano di essere incalcolabili.
Cosa potrebbe succedere in caso di eruzione ai Campi Flegrei
Gian Paolo Cimellaro, professore ordinario al Dipartimento di Ingegneria Strutturale, Edile e Geotecnica (DISEG) del Politecnico di Torino e componente del Centro Interdipartimentale del SISCON (Safety of Infrastructures and Constructions), fornisce un’analisi dettagliata delle possibili conseguenze di un’eruzione dei Campi Flegrei.
Cosa potrebbe succedere agli edifici
Secondo il professor Cimellaro:
“In una zona tettonica, in presenza di faglie, quando l’intero terreno si solleva e non si verificano fenomeni di liquefazione, gli edifici posizionati sulla zona sollevata possono sopportare gli spostamenti senza subire danni strutturali diretti, a condizione che questi movimenti siano lenti. Tuttavia, è possibile che si verifichino danni agli impianti fognari, idrici e del gas collegati agli edifici.”
In una regione vulcanica come i Campi Flegrei, il sollevamento del terreno può essere causato dall’accumulo di gas sottostante o dal magma. Questo aumento della pressurizzazione nelle profonde camere del terreno può generare sforzi tensionali nelle rocce, causando fratture e il rilascio di energia sotto forma di terremoti. La velocità dell’accumulo di gas e magma può influenzare l’intensità dei terremoti, comportando danni a edifici e infrastrutture.
Un altro fattore che aumenta significativamente il rischio sismico è la vulnerabilità degli edifici nella zona dei Campi Flegrei e in generale in tutto il patrimonio edilizio italiano. Questi edifici richiederebbero profondi interventi di adeguamento sismico per rispettare la normativa antisismica attualmente in vigore in Italia. Infine, il livello di esposizione alla minaccia sismica è direttamente correlato alla densità abitativa, che è molto elevata nella zona dei Campi Flegrei, grazie alla presenza di numerosi centri abitati e alla vicinanza a Napoli, una delle città più popolose del paese.
Attualmente sono in corso 1.000 terremoti al mese
Attualmente, nell’area dei Campi Flegrei, si verificano circa 1.000 terremoti al mese. Il professor Cimellaro spiega che quando si verificano numerosi terremoti in un breve periodo di tempo, essi possono causare il rilascio continuo e distribuito di energia sismica nel tempo, sviluppando principalmente terremoti di lieve intensità.
Il rischio sismico è determinato dalla combinazione di tre fattori: la pericolosità sismica, la vulnerabilità delle strutture e l’esposizione alla minaccia sismica. Nel caso dei Campi Flegrei, la pericolosità sismica è attualmente bassa, poiché si verificano principalmente microterremoti di natura vulcanica, localizzati solo in quella zona e di bassa intensità. Questi eventi stanno gradualmente rilasciando l’energia accumulata nel terreno, a differenza dei terremoti catastrofici, come il recente terremoto in Marocco, che si sono verificati improvvisamente.
Storicamente, l’ultima vera eruzione nella regione dei Campi Flegrei risale al 1538, dopo un periodo di quiescenza di circa 3000 anni. Questo evento è stato seguito da crisi bradisismiche, l’ultima delle quali è avvenuta nel 1983, interessando un’area di circa 12-15 chilometri, che corrisponde alla caldera vulcanica.
I costi dei terremoti nei Campi Flegrei degli anni Ottanta
Per comprendere appieno la portata della minaccia rappresentata dai Campi Flegrei, dobbiamo fare un passo indietro nel tempo. Tra il 1982 e il 1984, il sollevamento del suolo in questa regione mise a forte rischio l’economia locale e causò un ulteriore innalzamento del terreno di 1,80 metri. Complessivamente, si verificarono circa 10.000 terremoti. Durante questa crisi, una parte della popolazione di Pozzuoli fu evacuata a causa del rischio di crolli dovuti all’attività sismica intensa.
Tutto ebbe inizio il 4 settembre 1983, con un sciame sismico di ben 60 scosse. Quattro giorni dopo, il Ministro Enzo Scotti firmò un’ordinanza per finanziare la costruzione dei primi alloggi a Monterusciello. Gli sfollati furono sistemati anche nelle case vacanza lungo il litorale flegreo-domizio.
All’epoca, la “zona A,” che comprendeva il centro storico di Pozzuoli e l’area della Solfatara, ospitava 580 attività commerciali e 130 artigianali. Questi esercizi commerciali subirono una flessione delle vendite del 70%. I commercianti della zona inviarono circa 200 richieste al comune per ottenere prefabbricati, mentre altri optarono per container come soluzione temporanea.
Una seconda ondata di evacuazioni avvenne il 4 ottobre 1983, in seguito a una violenta scossa di terremoto a Pozzuoli avvertita in un raggio di 30 chilometri. La crisi più intensa si manifestò tra aprile e marzo del 1984, con terremoti di magnitudo 4 e uno sciame sismico di 600 eventi in 6 ore nella notte del 1 aprile 1984.
Questi eventi del passato ci ricordano l’importanza di essere preparati e di investire nella resilienza delle comunità locali. Mentre la scienza fa progressi nella comprensione dei Campi Flegrei e nella previsione delle loro attività, la preparazione e la consapevolezza delle sfide future sono fondamentali per mitigare il rischio e proteggere le vite umane e le risorse in questa regione vulnerabile sotto il Vesuvio.